La partecipazione elettorale resta stabile rispetto alle elezioni del 2012
Oltre la metà degli elettori siciliani ha preferito non andare a votare. Più pronunciato l’astensionismo nei piccoli comuni, aumenta invece la partecipazione in quelli capoluogo.
Come accade di consueto in occasione dei principali appuntamenti elettorali che interessano il nostro paese, l’Istituto Cattaneo si è soffermato sull’analisi della partecipazione elettorale anche in occasione delle elezioni regionali siciliane di domenica 5 novembre 2017. In questa occasione, 4,6 milioni di elettori siciliani sono stati chiamati ad eleggere il successore di Rosario Crocetta alla presidenza della Regione. Più nello specifico, questo contributo vuole evidenziare due diversi aspetti: in primo luogo, ci soffermeremo sulla differenziazione territoriale del voto, analizzando il tasso di partecipazione elettorale sia a livello provinciale che a quello comunale; in secondo luogo, mostriamo l’evoluzione diacronica del fenomeno dell’astensionismo nella regione attraverso il confronto con i dati della precedente tornata elettorale (2012).
Il voto regionale siciliano ha certamente una grande rilevanza: come già accaduto per le precedenti elezioni (ottobre 2012), in cui si registrarono i prodromi della crisi che avrebbe poi riguardato le elezioni nazionali del 2013, nel panorama politico odierno esso costituisce sia per gli osservatori che per gli stessi partiti coinvolti nella competizione elettorale un importante banco di prova, in vista delle elezioni politiche previste per la prossima primavera. Inoltre, l’analisi della partecipazione al voto siciliano rappresenta più di altre elezioni regionali un caso esemplare per monitorare il fenomeno della disaffezione dei cittadini nei confronti delle istituzioni politiche regionali e nazionali e, più su larga scala, quello dell’alienazione dalla politica.
In riferimento all’analisi territoriale del voto, i piani lungo i quali viene condotta sono tre: quello provinciale; quello dei capoluoghi di provincia; quello comunale (in quest’ultimo caso, con un’importante distinzione tra comuni superiori e comuni inferiori ai 15.000 elettori).